La nostra azienda è data-driven. Quante volte hai sentito (o usato) questa espressione? Negli ultimi anni è diventato quasi un cliché. Tutte le aziende sono guidate dai dati o almeno dicono di esserlo.
Purtroppo questa è una delle tante espressioni di cui negli anni abbiamo abusato talmente tanto da svuotarla di ogni significato, come spesso capita con altre parole che nascono con i migliori propositi.
In un momento storico nel quale siamo circondati da una mole di dati senza precedenti, nessuno vuole sentirsi inferiore agli altri ed ecco che usiamo l’etichetta data-driven a destra e a manca, senza preoccuparci più di tanto del suo vero significato.
La verità è che essere guidati dai dati non è per niente semplice, ma si possono considerare almeno tre passaggi quando si parla di un approccio veramente data-driven:
- Sapere quali dati leggere e raccoglierli
- Riuscire a interpretare i dati
- Prendere decisioni basate sui dati

Iniziamo con una questione spinosa: non tutti i dati sono utili. O comunque, non tutti i dati sono utili in tutti i momenti.
Il primo step da fare è quello di individuare di quali dati abbiamo bisogno in base al momento che stiamo vivendo, all’obiettivo che ci siamo dati, al problema che stiamo affrontando, e così via.
Riuscire a capire quali dati leggere è già di per sé un’attività abbastanza complessa, ma definire questo “filtro” risulta vitale per i due step successivi.
A volte si hanno pochi dati a disposizione e bisogna iniziare a instaurare una cultura delle informazioni che si preoccupi di generare e raccogliere anche tanti dati che passano dai processi quotidiani, ma solitamente vengono trascurati. Altre volte si rischia di avere il problema opposto: la paralisi da dati, ovvero quando abbiamo tanti dati a disposizione. Troppi.
A quel punto, paradossalmente non riusciamo più a prendere decisioni perché non sappiamo quale dato leggere, di quale fidarci e ne vogliamo sempre di più per essere sicuri di prendere la decisione giusta. Purtroppo però la decisione giusta non esiste, mai.
È fondamentale riuscire ad adattarsi e scegliere le metriche adatte ad ogni preciso momento.
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Non c’è cosa peggiore per un imprenditore che piegare i dati al proprio volere
Capita spesso di vedere imprenditori e professionisti che effettivamente usano i dati, ma li usano semplicemente per confermare le loro idee.
Questo meccanismo è l’ormai famoso bias di conferma, uno dei bias cognitivi più noti e diffusi. In cosa consiste?
È un processo mentale secondo il quale una volta che ci siamo convinti di un’idea andiamo alla ricerca di informazioni che confermino la nostra convinzione. Si crea quindi un circolo vizioso che si autoalimenta e rafforza sempre di più la convinzione di avere ragione.
Il dato di per sé è neutro, non racchiude mai una riflessione preconfezionata, per cui è cruciale l’interpretazione applicata da chi legge i dati. Ecco perché questo secondo step è probabilmente il più difficile.
Come si supera? Ovviamente non esiste una formula magica, ma ci possono essere alcuni consigli basati sulla nostra esperienza:
- Valuta ogni dato nel suo contesto
- Non basarti solo su dati quantitativi, ma affianca sempre i dati qualitativi
- Coinvolgi più persone nel processo di analisi dei dati, preferibilmente figure diverse tra loro
- Confronta ogni dato con il tuo track record, ovvero lo storico
- Utilizza report e benchmark di settore per leggere meglio alcuni dati
Stai utilizzando i dati solo per confermare quello che già sai? Cerca un altro punto di vista.

Dopo aver capito quali dati osservare e come interpretarli bisogna fare la cosa più importante di tutte: prendere delle decisioni. Potrà sembrare banale, ma non lo è.
Tutta la questione gira intorno a questo ultimo punto e su quanto le nostre decisioni di business siano effettivamente basate sui dati che abbiamo a disposizione.
Non basta aprire Google Analytics o dare un’occhiata alle dashboard una volta a settimana per potersi definire veramente data-driven. Il dato deve far parte dei processi aziendali e della quotidianità.
La differenza tra chi si riempie la bocca con un’espressione che va di moda e chi invece ne ha compreso appieno l’importanza è tutta qui: agire.
Tornando all’introduzione di questo post, la decisione giusta non esiste. Liberiamoci da questa ossessione di voler essere perfetti, di rimandare all’infinito e di avere ragione a tutti i costi.
Un approccio basato sui dati consiste nel fare un importante cambio di mindset e passare dal voler conoscere l’alternativa migliore al voler avere più alternative possibili sul piatto, in modo da continuare a testare e adattare le decisioni mano a mano. Se vuoi adottare il famoso approccio data-driven, Digitalics può essere il partner giusto per iniziare questo percorso di trasformazione.
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